Ciao, mi chiamo Gianluca Montefrancesco e mi occupo di formazione all’interno della Sicurezza Pubblica.
In questa seconda Striscetta puoi proseguire insieme a me la riflessione sulle varie dimensioni della difesa personale, in particolare affronteremo le reazioni “naturali” ad un attacco improvviso e i tools (strumenti e materiali) più in voga nella spasmodica ricerca di difesa dalle minacce presenti ovunque – frase ironica-.
Se non lo hai ancora fatto, prima di proseguire ti invito a leggere la prima striscetta per poter seguire un filo narrativo coerente. Se preferisci continuare la lettura di questa striscetta senza aver avuto il piacere di leggere la precedente, allora prosegui, un po’ come quando noi eravamo ragazzi (e parlo della generazione 1973) ed entravamo nel cinema a film già iniziato per poi restare allo spettacolo successivo per vedere l’inizio che ci eravamo persi arrivando, impunemente, in ritardo.
Per alcuni è facile descrivere cosa accade quando siamo spaventati da qualcosa che sta per colpirci. Faccio esempio sicuramente più frequente rispetto a quello che raccontano i Guru nelle palestre: uno sportello della cucina lasciato inavvertitamente aperto, produce una paura immediata perché in uno spazio conosciuto, come può essere quello della nostra cucina, siamo abituati a muoverci quasi in automatico, sappiamo che non dovrebbe esserci nulla a quella altezza, quindi -quando lo notiamo- lo percepiamo come un potenziale pericolo.
In ambito psicologico, un evento come questo, ossia la reazione naturale del nostro sistema neuromuscolare al pericolo, è descritto come Flinch Effect.
Il Flinch Effect è la reazione che abbiamo nel momento in cui stiamo per attivarci in presenza di un segnale di pericolo, ma un istinto ci fa desistere ed immediatamente tirare indietro. È una reazione difensiva, volta a preservarci, a proteggerci dal pericolo, come un imperativo interno immediato che ci tira fuori da situazioni potenzialmente ritenute minacciose per la nostra salute.
Per fare un esempio di una reazione neurovegetativa simile a quella della paura proviamo ad immaginare una situazione quotidiana che di sicuro avete già vissuto.
Sicuramente vi è capitato qualche volta di entrare in doccia e rendervi conto che l’acqua era troppo fredda. Come avete reagito?
Probabilmente scansandovi d’istinto dal gelido getto d’acqua. Questo è l’esempio più usato per descrivere la nostra reazione naturale ad un evento inaspettato.
Ma se tocchiamo l’acqua con le dita e piano piano, facendoci coraggio, entriamo in doccia, dopo un po’ ci si abitua all’acqua fredda e quel “dolore” iniziale scompare e anzi alla fine ci si potrebbe anche sentire rinvigoriti.
- Questo per dire che può avvenire anche un condizionamento a ciò che inizialmente può azionare un Flinch Effect –
Durante il Flinch Effect: la testa e lo sguardo si voltano nella direzione opposta alla direzione di provenienza dell’oggetto che ha innescato il Flinch, le mani si sollevano e si protendono in avanti all’altezza più o meno del viso e il corpo si defila quasi a voltarsi indietro.
Il Flinch effect ci fa capire quanto è fondamentale conoscere le reazioni automatiche del nostro corpo perché possono essere un ottimo punto di partenza per sviluppare un programma che sfrutti tali reazioni, al fine di ottenere un efficace comportamento durante una eventuale azione difensiva.
Sviluppare un programma che parta dalla considerazione di questa reazione ci permette di avere un punto di partenza realistico su cui poter lavorare al fine ultimo di creare una serie di azioni che partono da uno stimolo dato e che attraverso la ripetizione possono diventare degli automatismi, ovvero una serie di singole azioni che insieme formano un’azione complessa automatica.
Una riflessione ulteriore prima di proseguire il nostro percorso: cosa sono gli automatismi o atti motori automatici e come si innescano gli atti motori riflessi e gli automatismi disfunzionali?
Stai tranquillo/a non mi dilungherò tanto.
Gli automatismi, o atti motori automatici, sono schemi motori composti da sequenze di gesti dotati di più o meno complessità, governati da specifici “circuiti nervosi” o percorsi che rimangono silenti sino a che non si attiva lo stimolo rappresentato dal primo neurone del circuito che si aziona mentre gli altri neuroni trasferiscono il resto del segnale alla muscolatura.
Questa reazione è quello che gli autori della scuola comportamentista definiscono riflesso condizionato.
È utile anche ricordare che per creare un circuito (ossia una serie di neuroni connessi tra loro al fine di gestire un’azione complessa) occorrono migliaia di stimoli/ripetizioni e alla sospensione degli stimoli/ripetizioni (cioè circa sei mesi di inattività) il circuito creato si perde quasi totalmente.
Gli atti motori riflessi (come può essere quello di scansarci dalla doccia fredda) non sono altro che le nostre reazioni istintive scritte nel DNA, come ad esempio il Flinch Effect oppure per dirne un altro quasi opposto, il nostro voltarci verso/in direzione di un rumore improvviso.
Nell’ambito degli automatismi, c’è anche la categoria degli automatismi disfunzionali, ossia quei circuiti che possono essere creati con un training al “combattimento” sbagliato, come ad esempio tentare di disarmare qualcuno col coltello.
Utilizzo appositamente il termine sbagliato perché è oramai nella consapevolezza generalizzata degli addetti ai lavori che il coltello non sia un qualcosa che si può affrontare e in nessun caso a mani nude.
Spero che, a questo punto, sia evidente come un training che non prenda in considerazione quali siano i nostri atti motori riflessi e non parta da queste reazioni naturali, ma costruisca o tenti di costruire (con qualche ripetizione nei weekend) circuiti nervosi che poi generano automatismi disfunzionali, risulti oltre che poco utile anche relativamente o drammaticamente pericoloso.
Per quanto riguarda tutti i tools (L110/75, T.U.L.P.S. e diversi art del codice penale) come pepper spray, teaser (fortunatamente NON di libera vendita, porto e trasporto in Italia), Baton di vari tipi (anche questi non di libera vendita, porto e trasporto) e qualsiasi altro materiale atto ad offendere e/o difendersi vale lo stesso discorso fatto in precedenza sugli atti motori riflessi e automatismi. Ci vorrebbero migliaia di ore di addestramento solo per l’uso, ulteriore tempo per il corretto trasporto e dopo poco tempo di inattività perderemmo quasi totalmente gli automatismi acquisiti con il drammatico aggravante che l’eventuale Tool a nostra disposizione potrebbe entrare nella disponibilità del nostro aggressore una volta che ce lo ha sottratto.
Sia chiaro che ognuno dei Tools a cui ho accennato è un ottimo strumento e come tale va considerato, proprio perché, senza il giusto addestramento, è solo un oggetto inanimato che non può sostituirsi ai tuoi circuiti nervosi. Ad esempio alcuni pensano che lo spray al peperoncino sia sopportabile e innocuo ma posso testimoniare, avendolo provato su di me, che l’effetto è assolutamente invalidante per circa 30 minuti, durante i quali non riesci ad aprire gli occhi, hai un senso di bruciore molto forte su tutta la pelle del viso, sugli occhi e all’interno delle vie aree, difficoltà gravi di respirazione e la cosa più devastante è la sensazione di angoscia che provi, come se il dolore aumentasse ad ogni secondo.
In commercio sono in vendita spray al 2% come principio attivo (per legge non può superare il 2,5%), che non sono invalidanti come quello che ho provato su di me al 10%, ma comunque hanno un effetto sufficiente a rendere inoffensivo l’aggressore.
Per concludere, ti anticipo che nella prossima striscetta metterò in relazione la difesa personale e le arti marziali e/o sport da combattimento e traccerò un percorso funzionale che possa aiutare le persone a capirne le differenze e i punti in comune e a fare una scelta consapevole.
Spero di averti divertito e incuriosito, “Chiudete il Gi e allacciate la cintura”.
Gianluca.